14 aprile 2022
Itinerario gastronomico nei territori del sito seriale UNESCO "I Longobardi in Italia"
Viaggio culturale, storico-artistico in Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Puglia e Umbria, sulle tracce della civiltà longobarda nei sette territori del Patrimonio Mondiale
Ricorrono dieci anni dal riconoscimento come Patrimonio Mondiale UNESCO del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” di cui fanno parte 7 territori italiani in Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Puglia e Umbria. Per questo importante anniversario l’Associazione Italia Langobardorum, che si occupa di gestire, valorizzare e promuovere il sito seriale, propone un itinerario alla scoperta delle risorse culturali, storico-artistiche e gastronomiche dei sette comuni italiani, che ospitano le testimonianze monumentali incluse nella tutela UNESCO, in quanto rappresentative della civiltà longobarda giunta all’apice del suo sviluppo, tra VII e VIII secolo d.C.
Spoleto. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
I beni compresi nel Sito seriale UNESCO rivelano la capacità propria della compagine etnico-culturale dei Longobardi, di sintetizzare, rielaborandoli in maniera originale, gli elementi culturali derivanti dalle radici germaniche con i fondamenti della tradizione classica e l’eredità romano-cristiana. Sono 7 in tutta Italia:
- l’area della Gastaldaga e il complesso episcopale a Cividale del Friuli (in provincia di Udine);
- l’area monumentale con il complesso monastico di San Salvatore - Santa Giulia a Brescia;
- il castrum con la Torre di Torba e la Chiesa di Santa Maria foris portas a Castelseprio Torba (in provincia di Varese);
- la Basilica di San Salvatore a Spoleto (in provincia di Perugia);
- il Tempietto del Clitunno a Campello sul Clitunno (in provincia di Perugia);
- il complesso di Santa Sofia a Benevento
- il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo (in provincia di Foggia).
Friuli-Venezia Giulia: l’area della Gastaldaga di Cividale del Friuli (Ud)
Iniziamo il viaggio dal Friuli-Venezia Giulia, dove si trova l’antica capitale del Ducato longobardo del Friuli, l’odierno comune di Cividale del Friuli (Ud), che accoglie sul proprio territorio l’area della Gastaldaga, con il Tempietto Longobardo, ora inglobato nel complesso monastico benedettino di Santa Maria in Valle, noto per essere uno degli edifici più complessi e originali della tarda età longobarda (seconda metà dell’VIII secolo), provvisto di un ricco apparato decorativo costituito da stucchi figurati (ricavati da un impasto di gesso, calce e polvere di marmo) e da affreschi, solo in minima parte conservati, come il Cristo Logos tra gli arcangeli Michele e Gabriele, e il Complesso Episcopale, rinnovato dal patriarca Callisto nell’VIII secolo, in origine formato da un insieme di edifici, la Basilica, il Battistero di San Giovanni Battista e il Palazzo Patriarcale, i cui resti sono visibili nei piani interrati del Museo Archeologico Nazionale. Proprio dal Battistero provengono due tra le più importanti opere della produzione scultorea longobarda, riferibili al periodo della cosiddetta “rinascenza liutprandea” oggi conservati presso il Museo Cristiano/Tesoro del Duomo: il Tegurio di Callisto, un’edicola ottagonale che copriva il fonte battesimale e l’Altare del duca Ratchis, realizzato in pietra istriana, con quattro paliotti scolpiti in rilievo appiattito recanti temi narrativi di carattere biblico.
Cividale del Friuli. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Dolce tipico di Cividale del Friuli: la “Gubana”
Celebrata specialità del variegato patrimonio gastronomico di Cividale è la Gubana, dolce arricchito di frutta secca e tradizionalmente servito con la grappa, le cui origini sono legate alle feste religiose più importanti, ma anche ad eventi della vita comunitaria quali matrimoni e cresime.
Gubana di Cividale del Friuli. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Originaria dell'area che comprende Cividale e le valli del Natisone, al confine con la Slovenia, la Gubana si pone come un ponte tra le due tradizioni gastronomiche, come rivelato dal nome, derivante dal termine sloveno “guba”, piega, e si caratterizza non solo per la ricca e gustosa farcitura, con pinoli, uva passa, noci, nocciole (con varianti locali), ma anche per l’originale aspetto esteriore, che mostra il tipico avvolgimento “a chiocciola” dell’impasto.
Lombardia: il Complesso di San Salvatore - Santa Giulia a Brescia ed il Castrum con la Torre di Torba e la Chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio - Torba (VA)
Spostiamoci in Lombardia, per scoprire la seconda località del Sito Unesco, la città di Brescia, capitale dell’omonimo Ducato, che ospita il complesso di San Salvatore – Santa Giulia, oggi sede del Museo della città di Brescia, uno straordinario palinsesto architettonico edificato nel suo nucleo originario nel 753 per volere di Desiderio, al tempo ancora duca di Brescia, ma destinato all’ascesa al potere come re dei Longobardi, e della consorte Ansa, che ingloba il cinquecentesco monastero femminile di Santa Giulia e la basilica di San Salvatore con la sua cripta, tra le testimonianze più significative dell’architettura religiosa altomedievale conservata in alzato, con un ricco apparato ornamentale di stucchi e affreschi integrati fra loro. Nell’oratorio di Santa Maria in Solario, aggiunto in epoca romanica al complesso originario, si può ammirare la splendida “Croce detta di re Desiderio”, prezioso manufatto con funzioni processionali e devozionali risalente all’VIII/IX secolo d.C., mentre a poca distanza dal complesso monastico, nella vicina area archeologica, è possibile osservare le tracce della presenza romana, su cui si è innestata la civiltà longobarda, con il Capitolium del I secolo d.C., luogo di culto della Triade Capitolina, composta da Giove, Giunone e Minerva ed il Teatro Romano, edifici monumentali dell’antica Brixia.
Capitolium Brescia. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Rimanendo nei confini della Lombardia, l’altra località inserita nel Sito seriale longobardo è Castelseprio-Torba, tra i comuni di Castelseprio e Gornate Olona, in provincia di Varese, dove si possono ammirare le testimonianze del castrum, sito fortificato d’altura di età tardo-romana, che derivava la propria rilevanza strategica dalla collocazione lungo la via diretta nell’odierno Canton Ticino, attraverso Valcuvia e Valganna, riutilizzato dai Longobardi e poi distrutto dai Visconti, di cui si conservano il circuito murario e il tessuto abitativo e che comprende altresì l’importante complesso cultuale di San Giovanni Evangelista, ristrutturato dai Longobardi nel VII secolo e composto da basilica e battistero paleocristiano. Imperdibile è poi la Chiesa di Santa Maria foris portas, così chiamata perché posta nel borgo al di fuori delle mura di cinta del sito fortificato, che offre al visitatore un prezioso ciclo di affreschi sul tema dell’infanzia di Cristo, ispirato ai Vangeli apocrifi; mentre presso la località di Torba, si può toccare con mano la conversione dell’antica struttura difensiva, la Torre di Torba, utilizzata per scopi militari da Goti, Bizantini e Longobardi, in monastero benedettino femminile, avvenuta nel corso dell’VIII secolo.
Castelseprio-Torba. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
“Desideri”, i nuovi biscotti di Brescia
Tra le numerose tipicità della cucina bresciana, come espressione simbolica del recuperato legame della popolazione locale con i trascorsi della civiltà longobarda, i biscotti “Desideri”, a base di farina di castagne, burro, aromi, uova e zucchero, creati dal Consorzio Pasticceri Artigiani di Brescia che ha voluto così omaggiare, in occasione del decennale del Sito seriale UNESCO e utilizzando ingredienti presenti nelle abitudini alimentari longobarde, la figura dell’ultimo Rex Langobardorum, Desiderio, che, prima di salire al trono, aveva ricoperto l’importante ruolo di Duca di Brescia.
"Desideri" i biscotti dei Longobardi. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Il miele varesino Dop
L’area di Castelseprio-Torba, come tutta la provincia di Varese, è zona di produzione del pregiato miele varesino Dop, tutelato dal Consorzio Qualità Miele Varesino, disponibile nelle tre tipologie del Miele Millefiori, ricavato dal polline di fiori diversi e dalla melata di più piante, il Miele di Acacia, di colore ambrato e aroma delicato, e il Miele di Castagno, leggermente amaro, dal colore scuro tendente al nero, ideale come accompagnamento dei formaggi di latte caprino tipici del Varesotto, come la Formaggella del Luinese D.o.p. o il Frumagìt di Curiglia con Monteviasco in val Veddasca.
Umbria: la Basilica di San Salvatore a Spoleto (Pg) e il Tempietto del Clitunno di Campello sul Clitunno (Pg)
Il percorso sulle tracce della civiltà longobarda prosegue poi nell’Italia centrale, in Umbria, dove si era formato il potente Ducato di Spoleto, nelle cui antiche terre, si trovano i siti Unesco di Spoleto (in provincia di Perugia) e Campello sul Clitunno (in provincia di Perugia). Iniziando dalla prima località, Spoleto, troviamo la celebre basilica di San Salvatore, edificio di eccezionale rilevanza per il linguaggio proprio della classicità latina con cui è stato concepito, frutto sia del reimpiego di spolia, ovvero di materiale tratto da edifici di epoca romana, come colonne, basi, capitelli e cornici, sia dell’utilizzo di elementi decorativi scolpiti a imitazione di quelli classici. La basilica spoletina, con impianto basilicale a tre navate e presbiterio tripartito, venne in origine eretta in memoria dei martiri cristiani Concordio e Senzia, poi reintitolata al Salvatore nel periodo longobardo. L'area a tutela della basilica, comprende il centro storico e si estende fino alla Rocca Albornoziana, dove è ubicato il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto che raccoglie le più importanti testimonianze longobarde e narra l’organizzazione territoriale dai primi insediamenti cristiani del IV secolo, alla costituzione del Ducato longobardo di Spoleto ad opera di Faroaldo I, avvenuta presumibilmente tra il 575 e il 576.
Spoleto. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
La seconda località dell’Umbria interessata dal Sito seriale UNESCO è Campello sul Clitunno (in provincia di Perugia), con il nucleo antico di Campello Alto raccolto attorno al castello di forma ellittica, d’aspetto trecentesco, ma fondato nel X secolo dal cavaliere borgognone Rovero di Champeaux (da cui Campello), e l’area naturalistica delle fonti del Clitunno, già celebrata e frequentata in epoca romana. Qui si trova il Tempietto del Clitunno, sacello costruito in epoca longobarda, tra gli inizi del VII secolo e il pieno VIII secolo, in forma di tempio corinzio tetrastilo in antis, adoperando, come nel caso di Spoleto, materiale romano di reimpiego, sapientemente assemblato e integrato in modo armonico con decorazioni di nuova realizzazione. L’esterno si caratterizza per la facciata scandita da splendide colonne ricoperte di foglie e da un architrave che riporta, in scrittura capitale quadrata romana, l’iscrizione che invoca Dio (rarissimo esempio di epigrafia monumentale del primo Medioevo), mentre l’interno è impreziosito da dipinti murali di notevole qualità, messi in relazione con quelli del presbiterio di Santa Maria Antiqua a Roma.
Campello sul Clitunno, Tempietto. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Dolce tipico dell’area di Spoleto e Campello sul Clitunno: la “Crescionda”
Ricca è la produzione alimentare e la tradizione gastronomica dei due comuni umbri che vanta, tra le sue tipicità la Crescionda, interessante non solo per le sue origini, ma anche per la sua evoluzione nel tempo. Nel corso dei secoli la ricetta ha subito notevoli modifiche, perdendo quei contrasti di sapore iniziali e acquisendo un gusto ed un aspetto sempre più raffinato.
Crescionda di Spoleto. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
La sua prima versione si fa risalire al medioevo, al periodo del Ducato di Spoleto, quando si prediligeva nelle pietanze il contrasto agro-dolce. La ricetta originaria prevedeva: uova, pan grattato, brodo di gallina, formaggio pecorino, raschiatura della buccia di un limone, zucchero. Oggi la Crescionda è un dolce composto di tre stati differenti: il primo è fatto di amaretti e farina, il secondo ha una consistenza simile a quella di un budino e il terzo, sottile, di cioccolato. La particolarità di questo dolce è che non è necessario preparare tre impasti diversi, ma solo uno. Durante la cottura, a causa del diverso peso specifico degli ingredienti, questi si sedimentano dividendosi in tre strati differenti. Solitamente viene preparata durante il periodo di Carnevale, ma la si può trovare, specie nei ristoranti, durante tutto l'anno.
Campania: il Complesso di Santa Sofia a Benevento
Il percorso alla scoperta dei luoghi del Sito seriale longobardo ci conduce nel meridione d’Italia, in Campania, precisamente a Benevento, che dal 570 circa fu capitale dell’omonimo Ducato, comprendente anche parte dei territori di Apulia, Lucania e Bruzio, destinato a sopravvivere, con alterne vicende, ma mantenendosi sempre indipendente, fino al 1077, dopo l’elevazione a Principato ottenuta nel 774. Nel centro storico della città campana sorge l’importante sito religioso longobardo della chiesa di Santa Sofia, costruita intorno al 760 per volontà di Arechi II, duca di Benevento, come cappella personale e santuario nazionale per la salvezza del popolo longobardo. Lo spazio interno, a pianta centrale, è scandito da colonne e pilastri disposti in modo da formare un esagono e un decagono concentrici, con il reimpiego di capitelli di età classica, mentre nelle due absidi minori si conservano i brani più importanti di un ciclo pittorico dedicato alle storie di Cristo in origine esteso all’intera superficie interna della chiesa. Annesso alla chiesa c'è un monastero, costruito in epoca successiva, che oggi è sede del Museo del Sannio, in cui la civiltà longobarda è testimoniata sia dagli elementi originari di età longobarda adoperati per la costruzione del chiostro romanico, sia dai corredi funerari rinvenuti nella necropoli di Benevento (armi, fibbie, cinte, monili) ed esposti nelle sale.
Benevento, Chiesa di Santa Sofia. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Il Pane di grano di saragolla del Beneventano, Presidio Slow Food
Nella vasta produzione gastronomica del territorio di Benevento, si distingue il Pane di grano di saragolla del Beneventano, tutelato da un Presidio Slow Food, che deve il nome alla “saragolla”, antica varietà di grano duro, ancora coltivata nelle aree interne del Sannio, che venne introdotta dal Medio Oriente nel V secolo d.C. per opera di alcune popolazioni provenienti dall’attuale Bulgaria. Oggi si riconoscono diverse tipologie di saragolla, a seconda delle zone di produzione (zingaresca, bulgara, saragolletta del Sannio, saragolla turchesco), da cui si ricava una farina gialla e profumata utilizzata per la produzione del pane secondo procedure particolari, tramandate di generazione in generazione.
Puglia: la Basilica-Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo (Fg)
L’ultima tappa del viaggio attraverso gli antichi territori longobardi è la Puglia, con il comune di Monte Sant’Angelo, entrato già nel VI secolo a far parte del ducato di Benevento insieme con tutto il Gargano. Tra le testimonianze della presenza longobarda in area garganica, risalta il complesso della Basilica-Santuario di San Michele Arcangelo, costruito per fasi successive attorno alla grotta, una caverna calcarea che fu primitivo luogo di culto pagano, divenuto dal VII secolo non solo santuario nazionale dei Longobardi, che furono particolarmente legati al culto micaelico, anche per le assonanze con il dio pagano “Wodan”, protettore di eroi e combattenti, ma anche centro propulsore della devozione popolare per il principe degli angeli, protettore della Cristianità contro i nemici esterni e interni, con proprietà di guaritore e accompagnatore delle anime dei defunti al cospetto di Dio (psicopompo), e modello ispiratore per tutte le chiese e i santuari edificati in Europa e dedicati a San Michele.
Monte Sant’Angelo (Fg). Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Dolce tipico di Monte Sant’Angelo (Fg): le “Ostie ripiene”
Il territorio di Monte Sant’Angelo, dal punto di vista delle tradizioni culinarie, è particolarmente ricco di produzioni tipiche, tra cui in evidenza, per lo stretto legame con il comune garganico e per l’allusione alla dimensione religiosa, le Ostie ripiene, dolce composto da due cialde ovali di ostia, di colore bianco panna, che racchiudono un ripieno fatto di mandorle tostate e caramellate con zucchero e miele.
Ostie ripiene di Monte S. Angelo. Foto: Copyright © Associazione Italia Langobardorum.
Secondo la narrazione popolare, l’idea alla base del caratteristico dolce sorse per caso nelle cucine di un monastero femminile di Monte Sant’Angelo, quando alcune mandorle, durante la preparazione delle ostie sacre, in cui erano impegnate le monache, scivolarono inavvertitamente in una ciotola colma di miele caldo e vennero raccolte impiegando due ostie, dando così forma alla prima versione della specialità dolciaria.
A conclusione del percorso alla scoperta dei segni architettonici e culturali più significativi lasciati in Italia dalla civiltà longobarda, tra le iniziative organizzate dall’associazione Italia Langobardorum, vi sono due esposizioni in Lombardia che fa da “vetrina” alla civiltà longobarda, grazie all’allestimento delle due mostre itineranti, nei due siti di Brescia e Castelseprio-Torba e l'edizione del libro fotografico "Luce Longobarda. Viaggio fra i monumenti del sito Unesco. I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” con fotografie di Pasquale Palmieri.
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